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I Borbone

LE INTERVISTE

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Il professor  Giorgio Rumi, professore ordinario di Storia Contemporanea alla Statale di Milano, editorialista dell’Osservatore Romano, cofondatore di Liberal, collaboratore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore, è fra gli studiosi italiani più rappresentativi del periodo storico relativo ai Borbone.

Professor Rumi, i Borbone andrebbero rivisitati senza strumentalizzazioni o demonizzazioni di sorta?

“Come sempre la Storia rende le prospettive migliori su tempi lunghi. Basterebbe un attimo fermarsi a riflettere su come l’attuale Re di Spagna rappresenti la sintesi migliore della conciliabilità fra tradizione e modernità per interrogarsi su come bisognerebbe rivisitare certi periodi storici”.

In che senso?

“Mi sembra chiaro che il Re di Spagna, che è un Borbone, addirittura da Regnante, è riuscito ad essere il garante dell’unità nazionale spagnola, e non solo. E’ in pratica riuscito ad essere il garante di un passaggio fra dittatura e democrazia  cosa che a poche altre case regnanti è riuscito. La democrazia spagnola è senza ombra di dubbio una democrazia d’avanguardia, sotto alcuni aspetti definita scandinava. Non potrebbe essere che considerato illuminato un sovrano che nel segno della tradizione è divenuto così forte da architettare un federalismo avanzato, da prevedere corpi militari in determinate regioni spagnole come la Catalogna o i paesi Baschi. Insomma i segni chiari sono sotto gli occhi di tutti e questo stimola lo storico ad una analisi. Anzi impone una analisi che dovrebbe tendere a ristabilire la verità.

Quindi lei concorda che in Italia, sui Borbone, la verità non sempre è andata a braccetto con la storia. Secondo l’analisi di una studioso non meridionale e certamente non di tradizioni borboniche come è lei, per quale motivo?

“Indubbiamente vi è stata una demonizzazione, una sorta di leggenda antistorica nell’insegnamento scolastico sui Borbone. Il perché è difficile dirlo. Vi concorrono una serie molteplice di fattori. Uno dei motivi più nobili potrebbe essere ricercato in un malinteso patriottismo nazionale ma potrebbero anche esserci motivazioni antimeridionalistiche, oppure problemi di dinastie legate ad identità meridionali. Carlo III, per esempio, è uno dei Borbone più interessanti dal punto di vista storico. La sua vivacità, la sua mente arguta che si trasferiva anche nei tratti somatici del volto riuscì a fare di un antico dominio spagnolo un vero e proprio stato fondando non solo una nazione, ma dando a quella nazione una dignità, uno status non solo formale ma sostanziale.

E Ferdinando II?

“Questo è invece uno dei Re più difficili da analizzare. La migliore definizione di Ferdinando II forse, l’ha data il Romeo il quale certo non può essere tacciato di sospetto di legittimismo. Ferdinando II aveva una statura politica di certo superiore a quella di Vittorio Emanuele II. Si badi bene si parla di statura politica, sul resto possiamo approvare o dissentire ma resta una affermazione che non ammette repliche.

I Borbone, viaggio nella memoria  da questo punto di vista quindi potrebbero diventare non un viaggio bensì un recupero di una memoria.

“Certamente. Anzi, le dirò di più. Le leggende storiche, le demonizzazioni sui Borbone non hanno fatto bene al meridione d’Italia. Recuperare la memoria in questo caso significa recuperare l’orgoglio, la tradizione, la dignità di un popolo, in una sola parola recuperare l’onore. Bisognerebbe fare un po’ come hanno sempre fatto in Inghilterra. Si sono mai demonizzati gli scozzesi? Anzi, addirittura l’esercito scozzese ha sempre giocato un ruolo di prestigio all’interno delle forze armate inglesi che in questo modo hanno recuperato l’orgoglio e la dignità degli scozzesi riportandoli all’interno di una unità nazionale del Regno Unito. Tutto ciò in Italia non è stato fatto e, secondo il mio parere è stato un grosso sbaglio”.

Ma avrebbero detto che era "l’esercito di Franceschiello"?

“Bisogna sfatare anche questa di leggenda fatta troppo spesso di silenzi.  Parlo senza paura di essere strumentalizzato, io ho avi che erano presenti a Gaeta ma erano generali dell’esercito Sardo, quindi ero dall’altra parte della barricata. Il 60% degli ufficiali ed il 40% della truppa erano andati a Gaeta come volontari, per difendere un regno ed un Re in cui credevano pur sapendo che era una causa già persa militarmente. Perché lo fecero?  Fra i generali, gli alti gradi le tentazioni di cambiare casacca sono sempre forti, nella truppa e nei bassi gradi invece no. C’era un attaccamento al sovrano al di là di ogni sospetto. Se fosse stato vero quello che ci hanno propinato a livello scolastico probabilmente le percentuali sarebbero state diverse. Gaeta potrebbe essere considerata un 8 settembre alla rovescia.

I Borbone, viaggio nella memoria, recupera quindi una verità storica?

Recupera l’identità di un popolo, quello meridionale che anche nella perdità di dignità storica può trovare la ragione degli squilibri sociali ed economici che è costretto a vivere. Se ad un popolo si toglie la dignità dell’appartenenza, della storia, dei valori delle proprie vestigia lei gli toglie l’onore e quindi la voglia di affermare il suo valore.